Elena D’Angelo, indiscussa protagonista dell’operetta italiana, non ha cominciato con questa. Per quanto possa apparire strano si definisce naturalmente timida e la sua vocazione originaria è il pianoforte. Diplomata in canto lirico ha insegnato per anni Teoria e Solfeggio, Canto corale e Propedeutica musicale a Milano, dove è nata. Poi c’è stata una svolta inaspettata.
Nel 1996 si ha il debutto nel ruolo di Susanna ne Le nozze di Figaro di Mozart ed è il primo soprano solista nel Gloria di Vivaldi. Dal 1998 diventa cantante lirica e soubrette a tempo pieno. Da allora si susseguono impegni crescenti sul palcoscenico, anche con un repertorio che comprende arie d’epoca, romanze, musical, operette, canzoni napoletane, pezzi musicali dei primi cinquant’anni del novecento, il cafè chantant e la musica sacra, lavorando in Italia, Argentina, Uruguay, Germania e Giappone. Dal novembre 2004 al marzo 2013 è la soubrette storica della Compagnia Italiana delle Operette. Dal 2011 ne diventa direttore artistico. E nel frattempo si laurea in Lettere Moderne con una tesi sugli aspetti sociologici dell’Operetta. Dal 2013 è prima attrice soprano soubrette della Compagnia del Teatro al Massimo, di Palermo.
Dal 2014 si esibisce come soubrette e regista, nei più importanti teatri italiani portando la grande tradizione dell’operetta, con la Compagnia d’Operette Elena D’Angelo da lei fondata.
Giovedì 30 marzo, si esibirà in serata al Teatro Orfeo di Taranto, con Matteo Mazzoli (comico) , Francesco Tuppo (tenore), Gianni Versino (caratterista), Federica Giorgia Venturi (soprano), Maresa Pagura (caratterista). Fanno parte del cast anche Diego Galtieri, Carlo Randazzo, Raffaella Ieronimo, Davide Capitanio.
Il corpo di ballo è costituito dalla Compagnia Orizon, le coreografie sono di Mais Nouriev, il direttore dell’Orchestra Grandi Spettacoli è Sandro Cuccuini, con la regia di Elena D’Angelo.
L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Associazione “Mario Costa” di Sabino Dioguardi. È un omaggio al tarantino Mario Costa, l’autore di “Era de maggio”, con la messa in scena dell’operetta in tre atti “Scugnizza” di Carlo Lombardo, da lui musicata.
Compositore, tenore e pianista italiano, Mario Pasquale Costa, nacque il 24 luglio 1858 a Taranto vecchia, in via Duomo 189, vicino alla casa natale dell’altro grande compositore tarantino, Giovanni Paisiello. Morì a Montecarlo il 27 settembre 1933 e le sue spoglie furono traslate a Taranto il 27 giugno 1934 in una tomba monumentale offerta dal comune della sua città natale.
Discendente da una gloriosa dinastia di musicisti napoletani, è cresciuto nel culto della musica, in un ambiente che ne favorì il naturale talento artistico. Nel 1865 la famiglia si trasferì a Napoli dove Mario, per l’esattezza sull’atto di nascita si legge Pasquale Antonio Cataldo Maria, poi divenuto Mario per l’arte, studiò musica e canto al Conservatorio di S. Pietro a Maiella, allora diretto da Saverio Mercadante.
Non ancora diciassettenne aveva composto e pubblicato numerose romanze come “M’amasti mai?“, “La preghiera dell’orfanella“, “Saluto alla patria“, “In alto mare“, “Languirò sempre“.
Da allora la produzione musicale di Costa divenne continua. Il maestro per sessant’anni scrisse una gran quantità di romanze, canzoni popolari, melodie, stornelli, duetti, inni, marce, pantomime, opere comiche, operette, fiabe, danze ed altro. Scrisse versi e musica di “A frangesa” e la canzone fu portata al successo dalla cantante tarantina Anna Fougez.
La Scugnizza, in programma giovedì sera, è ambientata negli stessi anni in cui fu messa in scena cioè nel 1922 al Teatro Alfieri di Torino.
Nel corso del primo atto sul palco vi saranno le americane, gli americani e le scugnizze. Poiché queste sono straordinarie per bellezza e vitalità, nasce l’idea di portare in America qualcuna di loro, dal momento che “tutto far coi dollari si può”.
Inizialmente, però, le scugnizze non son disposte a lasciare Napoli, preferendo ai dollari le bellezze naturali,il mare, le stelle e la luna. Il ricco Toby cerca di convincere Salomè volendo sposarla, nonostante Totò sia innamorato di lei.
Il secondo atto si apre sulla Napoli antica e con un dialogo tra Gaby e Totò sulla decisione di Salomè di lasciare Napoli. Quattro scugnizzi, evidenziano la miseria di ragazzi e ragazze napoletani e la necessità che essi hanno di dover sopravvivere.
Dopo un incontro tra Totò e Salomè scoperto da Toby , la conclusione (terzo atto) è affidata a un duetto nel corso del quale Salomè e Chic riflettono sulla fugacità delle cose terrene.