“L’obiettivo di questa mostra è valorizzare gli antichi mestieri e l’artigianato, dimostrando ai più giovani come i nostri nonni attraverso i sacrifici, la costanza e la professionalità hanno portato avanti l’economia del tempo. Riteniamo che oggi, prendendo spunto dal passato, si possa dare il via ad un nuovo modo di fare imprenditorialità”,

così Pasquale Tripiedi, presidente dell’associazione “Amici del museo delle arti contadine e degli antichi mestieri” racconta la mostra allestita presso il centro commerciale Mongolfiera insieme a Leonardo Tinelli. “E’ un evento che mette in mostra una trentina di biciclette dagli anni ‘20 agli anni ’60 che erano il mezzo e il laboratorio di tanti mestieri – spiega Tinelli -. Sono tutte biciclette originali e provengono da tutta l’Italia”. L’esposizione, che prende il via oggi fino a sabato 20 aprile, accoglie velocipedi tradizionali e mezzi in cui il motore aiuta nella fatica delle pedalate. Una mostra “Gli antichi mestieri in bici” che espone pezzi unici e introvabili ma anche e soprattutto fa riemergere i mestieri che ognuna di loro rendeva possibile. “Abbiamo pensato di allestire ogni bicicletta con minuziosi accessori che rievocano il mestiere di chi le cavalcava”, va avanti Tinelli.

L’idea originale è del collezionista Pasquale Tripiedi che ha messo su una mostra permanente a San Giorgio Jonico, presso la scuola “Nesca”, che raccoglie più di settanta mezzi che vanno dai primi del ‘900. Idea accolta a braccia aperte dal direttore della Mongolfiera di Taranto, Stefano D’Errico: “E’ un’iniziativa straordinaria e preziosa. La nostra piazzetta si è accesa di storia ed emozioni. Un piacevole ritorno al passato con lo sguardo proiettato verso il futuro”. Circa trenta le biciclette esposte: la bicicletta dell’accalappiacani, il cucciolo della Bugatti risalente al 1930, la bici del garzone di bottega, la bicicletta della mammara, la levatrice sempre pronta con i suoi ferri per raggiungere le case delle partorienti, la bicicletta del veterinario, quella del medico condotto che si muoveva per raggiungere gli agglomerati rurali con la sua bicicletta motorizzata, dotata della doppia luce per segnalare la rapidità degli spostamenti, la bicicletta del caldarrostaio, dell’ombrellaio e del madonnaro (con tutti gli oggetti sacri del passato), la bici dello scrivano, dello speziario, del canestaio. Ma anche la bicicletta del prete e del maresciallo del Carabinieri.