È stata Inaugurata domenica 2 Aprile nel Foyer del Teatro Orfeo di Taranto la mostra “1×4: un quadro per quattro artisti”.
L’ingresso è gratuito e la mostra sarà visitabile fino a domenica 9 aprile tutti i giorni dalle ore 18,00 in poi.
Un appuntamento che vede incontrarsi quattro talenti locali, professionisti della pittura tra i quali il Maestro Alfredo Pompilio, autore tra le tante note opere realizzate anche degli affreschi, delle tele e delle sculture presenti nel Teatro Orfeo. Le opere in mostra sono: “Biciclette” di Antonio Rolla, acrilico su tela 2017, “Il sogno imperfetto” di Adameri Cavallo, acrilico su tavola 2017, “L’ora del caffè” di Alfredo Pompilio, olio su tela 2017, “L’albero della vita” di Marielisa Pompilio, acrilico su tela 2017.
Nei quadri di Alfredo Pompilio è presente quasi sempre la moka. E lui ci dice che è un oggetto che gli piace perché chi l’ha disegnata è un genio. Ricorda la colonna classica, ha una forma bellissima e poi rappresenta la quotidianità, la serenità familiare. “Vedo mio padre seduto ad aspettare il caffè fatto da mia madre e ci si divertiva in cucina a chiacchierare. Questo è un momento anche di grande italianità e rappresenta quindi molte cose. Inoltre ti permette di essere riconoscibile nelle tele anche se cambi tema, come le teste di Dalì, di De Chirico, come il tubetto volante, e le figure sospese che uso frequentemente” dice.
Quello di Alfredo Pompilio è molto di più di un quadro, è la vita in sintesi, e il rapporto con il Mistero che illumina la quotidianità nella familiarità del gesto umano.
Il quadro rappresenta la stanza della nostra esistenza dove cerchiamo delle scappatoie nell’angustia delle problematiche. C’è una figura maschile sospesa alla ricerca dell’infinito, e che deve rivolgere la soluzione verso la luce che però non è inquadrabile, non se ne capisce l’origine, la fonte, ma che alla fine è la soluzione di tutto, è quel punto misterioso che risolve. L’uomo è sospeso sulla nuvola prodotta dalla caffettiera, dal quotidiano, perché è lì che bisogna cercare l’infinito, non nel sonno ma nella vita reale. Volendo ci sono delle soluzioni, le facili soluzioni, ma non sono soddisfacenti, quasi danno angoscia. Infatti nel quadro c’è un piccolo tunnel che è angoscioso, non è un vero sbocco verso la soluzione, è una via d’uscita ma non è la via d’uscita. Invece è il Mistero, che viene dalla parte sinistra del quadro, che apre e inonda la stanza e dà significato al quotidiano, non banalizzato, unica strada che permette all’uomo di sollevarsi (l’aroma del caffè, la nuvola su cui è sospeso l’uomo) e di cogliere la luce che lo libera. Il punto focale della libertà, la liberazione, che non si può descrivere perché è proprio l’esperienza di ognuno, quel punto focale quella luce non la puoi neanche definire perché è Mistero.
Il quadro di Antonio Rolla, ex vicepreside del liceo artistico “Lisippo” non si chiama biciclette, anche se queste sono in primo piano nel quadro, ma “Tempi difficili”. “È uno spazio occupato dal colore terra di Siena, bruciata naturale – ci riferisce l’autore – che dà l’idea della ruggine e quindi delle biciclette quasi diventati dei cimeli i guerra che adesso non hanno più la possibilità di andare, di portare persone. È un po’ uno sconforto che mi porto dentro l’anima che ho rappresentato figurativamente in questo modo.” Secondo Antonio Rolla chi ha esperienze professionali e tecniche come lui, non può seguire la moda ed abbandonare il suo humus, la sua indole, però può innovarsi e rinnovarsi. Per esempio, è fuori concezione l’impaginazione del quadro che risulta sbilanciata, ma volutamente. Perché questo mettere fuori la immagine vuol dire relegarla ad uno spazio esterno, che poi fa parte del contesto del significato del quadro. “C’è poi un muro con un colpo di luce particolare perché gran parte della mia pittura ha questa caratteristica: io mi distinguo per la luce che riesco a dare ai miei quadri – sono ancora le sue parole – perché io sono mediterraneo nell’anima. Noi abbiamo il sole che ci permette di leggere determinati colori. Se non avessimo questo sole noi non avremmo manco la bellezza di questo mare, la lettura della luce era la prima cosa che insegnavo ai ragazzi”.
Nel quadro ”L’albero della vita”, di Marielisa Pompilio, c’è un albero al centro, che lo divide in due parti. “C’è un po’ di femminile ed un po’ di maschile, quindi ovviamente è la vita che viene fuori da questi elementi importanti” ci dice l’autrice. La figura femminile è sullo sfondo rosa, a destra, mentre dall’altra parte c’è un picchio che rappresenterebbe l’aspetto maschile che si tiene con le zampe alla corteccia dell’albero, quindi è più legato alla terra, mentre la figura femminile è più eterea, va verso il Mistero, verso la vita spirituale. La tecnica è mista e utilizza lo stucco come base; sopra c’è un lavoro di contrasti di colori, tra il nero e colori più vivi anche se tenui. Il nero crea profondità, il contrasto è abbastanza evidente, luci ed ombre si alternano.
“Il sogno imperfetto” di Adameri Cavallo, è la rappresentazione di un sogno “un mio sogno, che svela, non rivela. È solo un particolare che viene colto, un palloncino che vola via il cui filo però è tenuto in mano da un’ombra. C’è una porta che ha su due alberi, di cui uno più illuminato. In realtà rappresentano due teste quello più illuminato trasferisce all’altro più piccolo, una piccola parte che illumina solo un piccolo riccio. La luna illumina piccoli particolari come per il mare. La tecnica è acrilico su tavola ed è un materico. In genere i colori che uso sono scuri, la mia caratteristica è quella di dare alla luce la possibilità di colpire alcuni particolari, e in questo quadro a tal punto che se si spegne la luce, si riesce ad intravedere qualcosa” ci ha riferito l’autrice.
Stefania Castellano, storica dell’arte che ha presentato l’evento e si occupa di pittura rinascimentale ha ringraziato il Cine Teatro Orfeo che dimostra, ospitando questa piccola mostra, la sua vocazione interdisciplinare, una concezione molto aperta di arte e ”una volontà di fare cultura – parole aggiunte da Alfredo Pompilio – gli amici Adriano e Luciano Di Giorgio, presenti, sono le persone tra le più sensibili a Taranto alla cultura, senza avere l’aiuto di nessuno, né del Comune e sulle loro spalle c’è il restauro del teatro più importante di Taranto. Questo luogo, grazie a loro, è diventato di accoglienza della cultura”.