“Non siamo razzisti ma meglio vigilare” è il libro di Adriano D’Altri, in cui si racconta un esercizio di umanità e condivisione, quello di chi decide di fare da insegnante volontario di italiano ad alcuni ragazzi migranti delle case di accoglienza dell’associazione “Noi e Voi”. Dall’esperienza alla testimonianza, per un mondo senza discriminazioni.
D’Altri, vice presidente dell’associazione Amici di Manaus, negli scorsi giorni ha presentato il volume, edito da Scorpione editrice, in un incontro che si è svolto nel seminario minore di Poggio Galeso, al quartiere Paolo Sesto di Taranto. Un racconto che si intreccia con quello degli studenti Momo, Rajidi, Steven, Javen, Salisu. Una storia con tante voci che termina con un elogio della speranza, capace di andare oltre “l’individuo – massa” per guardare con occhi nuovi chi ha di fronte, unico e solo, fratello, senza averne paura.
Alla serata di presentazione hanno partecipato don Francesco Mitidieri, presidente dell’associazione “Noi e Voi”, Giovanni De Giorgio, presidente dell’associazione “Amici di Manaus”, a sancire il legame e il lavoro svolto in sinergia tra queste due realtà associative del territorio, e poi don Davide Errico, direttore spirituale del seminario maggiore di Molfetta.
Il libro
«Con questo testo voglio lanciare un messaggio semplice anche se controcorrente. Il razzismo non è un mostro del passato. È presente anche oggi – spiega Adriano D’Altri- ed assume la forma del buonsenso, si insinua nella quotidianità ed è difficilmente riconoscibile ma i suoi effetti sono nefasti. Quando mi sono messo intorno ad un tavolo con questi ragazzi per insegnare l’italiano, mi sono reso conto che quella era un’esperienza eccezionale di integrazione umana, che passava attraverso la lingua. “Ci siamo insegnati” vicendevolmente, imparando a convivere, a stare insieme. A causa del Covid19 abbiamo dovuto arrestare questo percorso ma è stata un’esperienza incredibile».
Kass è uno dei ragazzi migranti accolti da “Noi e Voi”, che durante la serata ha portato la sua testimonianza. «Sono in Italia da 4 anni e sono stato accolto da don Francesco che è anche il mio padre spirituale. Mi piace tanto Taranto, molti dei miei amici sono arrivati qui ma poi sono andati via, io invece ho deciso di rimanere perché è una bellissima città. La cosa più bella che ho scoperto in Italia è che sei libero, puoi pensare di più. Io vengo dalla Costa D’Avorio. Lì non puoi sognare, qui sì. Io ad esempio voglio diventare camionista. È questo il mio desiderio e sto studiando per prendere le patenti necessarie».
Il progetto
La presentazione del libro è parte integrante del progetto “LGNetEA – Rete dei Comuni per una rapida risposta e servizi per l’inclusione d’emergenza in aree urbane svantaggiate”, co-finanziato dall’Unione Europea con la linea di finanziamento delle Misure Emergenziali del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI). Direttamente gestito dalla Commissione Europea, LGNetEA è un modello innovativo, sostenuto da un partenariato strategico, per valorizzare la centralità del welfare territoriale in un quadro nazionale e locale. La rete dei soggetti in campo vede il Ministero dell’Interno (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione) con il sistema dei Comuni italiani rappresentato da ANCI, Cittalia, ANCIComunicare. Taranto è tra i 18 Comuni in Italia aderenti.
Tre gli ambiti di azione su cui si lavora: aiuto nell’individuazione di un’abitazione; interventi per la presa in carico socio-sanitaria o accompagnamento servizi; realizzazione di progetti di impegno civico per favorire la creazione di legami con la comunità locale.
«Il libro parla di un’esperienza di integrazione vissuta con alcuni ospiti della nostra associazione – precisa don Francesco Mitidieri- ma è soprattutto un libro che ci fa guardare da altre prospettive il tema immigrazione, oltre i luoghi comuni che ancora purtroppo serpeggiano nella nostra cultura. È un testo che parla di fatti non di teorie e per questo rientra anche nel progetto LGNETea, perché nel libro si raccontano esperienze che si vivono nel nostro territorio, affinché questo sia di stimolo sia per gli immigranti che si trovano a Taranto che per i tarantini che abitano il quartiere, in quella che don Tonino Bello chiamava “la convivialità delle differenze”».
«La nostra associazione – spiega Giovanni De Giorgio – che si occupa di sostegno da vicino ma anche di adozioni a distanza in Amazzonia, appunto a Manaus, anche in passato, con l’aiuto del professor D’Altri, ha affrontato altre tematiche urgenti come il bullismo e la diversità. Non poteva mancare il tema del razzismo, che purtroppo non è solo quello eclatante, quello della cronaca ma spesso è più subdolo. Per questo riteniamo che sia necessario imparare a comprendere cosa significa trattare l’altro come trattiamo noi stessi ed in questo senso è importante la collaborazione che si è instaurata con l’associazione tra “Amici di Manaus” e “Noi e Voi”».