La Biennale della Prossimità è un percorso partecipato che ha come esito la costruzione di un evento nazionale dedicato alla prossimità all’interno del quale convergono tutte le esperienze più interessanti di Prossimità, partecipazione civile e comunitaria.
La prima edizione si è tenuta a Genova nel 2015, la seconda a Bologna nel 2017, la terza, attualmente in preparazione, si terrà a Taranto dal 16 al 19 maggio 2019. Promossa dalla Rete Nazionale per la Prossimità, la terza edizione della Biennale si caratterizza per aggiungere ai momenti di scambio, partecipazione e cofronto anche una maggiore attenzione all’elaborazione e alla diffusione di pensiero e riflessioni sul tema della prossimità. Non a caso il sito ora contiene la Biblioteca della prosssimità, destinata ad arricchirsi di settimana in settimana di nuovi contributi. La Biennale non è una fiera, non ha un format predefinito, ma si costruisce grazie partecipazione di tante realtà, piccole e grandi, che la fanno crescere con le loro proposte di attività da svolgere durante l’evento. Operatori di enti di terzo settore, volontari, cittadini, amministratori locali, hanno quindi l’occasione di riunirsi in una città per raccontare le proprie iniziative di prossimità, i risultati raggiunti, le criticità superate, per formarsi, confrontare i propri modelli con quelli di altri, tessere reti e relazioni. Durante la Biennale si non si “espongono prodotti” ma si confrontano e si scambiano esperienze, spesso frutto di relazioni sinergiche tra Terzo settore, pubblica amministrazione, cittadini.
Infine – ma forse questa è la vera anima di questa iniziativa – la Biennale è un luogo di relazione tra persone, uomini e donne che investono le loro energie per offrire un futuro alle proprie comunità, generando esperienze incredibili fatte di passione e competenza…è per questo che ci piace pensare alla Biennale come un’occasione per generare Futuro.
Cosa è la prossimità?
È una dimensione sospesa tra il sistema di welfare formale, organizzato e (forse iper) regolato e l’azione personale e privata come l’aiuto dato ad un amico; sta lì nel mezzo, generalmente troppo sfuggente per essere codificata da un punto di vista giuridico, eppure con tutte le caratteristiche di un comportamento sociale. Il seguente testo è tratto dall’articolo di Gianfranco Marocchi del 5 settembre 2016 “Comunità di prossimità, la condivisione riduce le distanze” (Il punto di Labsus, LABSUS.IT).
Quasi una definizione
La “prossimità” nasce dalla consapevolezza di un bisogno qualificato condivisa tra più persone, accomunate generalmente dalla vicinanza territoriale; un bisogno qualificato, e non dunque mera aspirazione al consumo voluttuario. Uno di quei bisogni su cui misuriamo il grado di civiltà e di progresso di una società; da quelli primari, come mangiare, vestirsi, avere una casa, a quelli relativi al decoro del luogo in cui si vive, ai bisogni relazionali. Prossimità, quindi, come disposizione a sentire anche come propri i problemi di chi è accanto; e da cui nasce una risposta basata sull’impegno attivo di coloro che esprimono il bisogno e che quindi non sono meri fruitori di un servizio o prestazione, ma anche, almeno in parte, produttori dello stesso. Gli esempi sono moltissimi: esperienze di co-housing, e in generale forme di solidarietà condominiale, con il reciproco sostegno tra gli abitanti rispetto a bisogni quali la cura dei figli, la vicinanza a persone anziane o comunque in condizioni di fragilità; supermercati solidali in cui chi è in difficoltà può trovare generi alimentari e sostegno per percorsi di reinserimento; gruppi di acquisto autogestiti; comitati di cittadini che prendono in carico la porzione di territorio in cui risiedono, ne ristabiliscono il decoro, la abbelliscono e stabiliscono tra loro nuove forme di socialità e di mutuo aiuto; immobili destinati a degrado, che vengono ristrutturati e diventano la casa di molteplici attività aggregative e di servizio alla cittadinanza, gestite con l’impegno diffuso di cittadini e loro associazioni; pedibus per accompagnare i bambini a scuola; orti urbani in cui i cittadini soddisfano una parte del proprio bisogno alimentare e instaurano nuove relazioni; e molto altro.
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